Questo è quanto InkEdit ha scritto ieri, tramite la voce di Silvia:
(a momenti mi scendeva la lacrimuccia leggendolo)
Attenzione. Avviso i lettori. Questo è un articolo di parte. È un
articolo di parte perché l’aperitivo letterario organizzato dalla Unione
degli Universitari a cui sono stata ieri partiva con un paio di
vantaggi, rispetto agli eventi che ho raccontato finora. Il primo
riguarda la location. Venezia, una città verso la quale ho una specie di
feticismo/dipendenza/incantamento. Potrei usare la parola “amore”, ma
usarla vicino a “Venezia” mi fa sentire un po’ melensa, quindi niente.
Il secondo va a Walter Lazzarin. Alcuni lo conoscono per il suo progetto
Scrittore per strada, altri non hanno idea di chi sia (a questo
rimedierò a breve), io invece l’ho incontrato nel rione Monti, gli ho
dato dei pasticcini perché mi sembrava troppo magro e ho letto il suo
libro, Il Drago non si droga, che mi è sembrato da subito una bella
storia. Non ditelo a Walter – che sennò si monta la testa – ma ho
persino mollato a metà un libro di Amos Oz, per leggere il suo. Inoltre,
prima di partire per Venezia, mi ha fatto i tortellini. Quindi sono di
parte. Insomma, per farla breve, mi sono accodata a lui per sentire la
sua presentazione all’ Università Ca' Foscari Venezia. Walter gira
l’Italia dal 12 ottobre dello scorso anno. Si siede a terra con una
macchina da scrivere e regala tautogrammi a chi gli si avvicina (i
tautogrammi sono componimenti composti da parole che iniziano tutte con
la stessa lettera). E parla del suo libro, di quello che ha scritto, di
quello che lo ha fatto mettere in viaggio qualche mese fa. Io la mia
copia l’ho presa. Perché una roba così incuriosisce per forza. Ieri
pomeriggio, mentre Venezia si abbronzava dalla prima all’ultima calle
sotto un sole pazzesco, ho sentito ancora una volta la storia dello
scrittore per strada. Di quando è stato scambiato per un mendicante a
Catania. Di quando ha riconosciuto nella piazza in cui l’ho incontrato
l’ufficio perfetto per i due mesi che ha passato a Roma. Di quando ha
scoperto che in Italia esiste ancora qualcuno che non legge perché non
sa come si fa. La storia che Walter Lazzarin ha raccontato con Il Drago
non si droga parla di vampiri e paura, di foreste proibite e viaggi
sognati a lungo. È come uno di quei vestiti taglia unica. Solo che di
solito, quei vestiti stanno bene solo a un paio di persone al mondo.
Invece il suo Drago sta bene addosso a tutti. Sta bene a me, che da
buona figlia degli anni ‘80 ho avuto la mia Foresta proibita, da
bambina. Sta bene ai ragazzi che l’hanno ascoltato ieri, scoprendo
quante storie si possono creare usando una lettera sola. Sta bene a chi
si è fermato a parlare con lui in questi mesi, superando la diffidenza
(non tanto per lui, quanto per la pila di libri che aveva accanto perché
si sa, l’unica cosa più noiosa di un venditore è un venditore di
libri). L’aperitivo letterario alla Ca’ Foscari somigliava più a una
festa che a una bevuta (anche se, per bere, abbiamo bevuto) e siamo
stati in giro fino a tardi. Chissà se un Drago riesce a passare per
vicoli così stretti, mi sono chiesta a un certo punto. Secondo me sì. Ve
l’ho detto: sta bene ovunque.
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