domenica 8 maggio 2016

InkEdit

Questo è quanto InkEdit ha scritto ieri, tramite la voce di Silvia:
(a momenti mi scendeva la lacrimuccia leggendolo)

Attenzione. Avviso i lettori. Questo è un articolo di parte. È un articolo di parte perché l’aperitivo letterario organizzato dalla Unione degli Universitari a cui sono stata ieri partiva con un paio di vantaggi, rispetto agli eventi che ho raccontato finora. Il primo riguarda la location. Venezia, una città verso la quale ho una specie di feticismo/dipendenza/incantamento. Potrei usare la parola “amore”, ma usarla vicino a “Venezia” mi fa sentire un po’ melensa, quindi niente. Il secondo va a Walter Lazzarin. Alcuni lo conoscono per il suo progetto Scrittore per strada, altri non hanno idea di chi sia (a questo rimedierò a breve), io invece l’ho incontrato nel rione Monti, gli ho dato dei pasticcini perché mi sembrava troppo magro e ho letto il suo libro, Il Drago non si droga, che mi è sembrato da subito una bella storia. Non ditelo a Walter – che sennò si monta la testa – ma ho persino mollato a metà un libro di Amos Oz, per leggere il suo. Inoltre, prima di partire per Venezia, mi ha fatto i tortellini. Quindi sono di parte. Insomma, per farla breve, mi sono accodata a lui per sentire la sua presentazione all’ Università Ca' Foscari Venezia. Walter gira l’Italia dal 12 ottobre dello scorso anno. Si siede a terra con una macchina da scrivere e regala tautogrammi a chi gli si avvicina (i tautogrammi sono componimenti composti da parole che iniziano tutte con la stessa lettera). E parla del suo libro, di quello che ha scritto, di quello che lo ha fatto mettere in viaggio qualche mese fa. Io la mia copia l’ho presa. Perché una roba così incuriosisce per forza. Ieri pomeriggio, mentre Venezia si abbronzava dalla prima all’ultima calle sotto un sole pazzesco, ho sentito ancora una volta la storia dello scrittore per strada. Di quando è stato scambiato per un mendicante a Catania. Di quando ha riconosciuto nella piazza in cui l’ho incontrato l’ufficio perfetto per i due mesi che ha passato a Roma. Di quando ha scoperto che in Italia esiste ancora qualcuno che non legge perché non sa come si fa. La storia che Walter Lazzarin ha raccontato con Il Drago non si droga parla di vampiri e paura, di foreste proibite e viaggi sognati a lungo. È come uno di quei vestiti taglia unica. Solo che di solito, quei vestiti stanno bene solo a un paio di persone al mondo. Invece il suo Drago sta bene addosso a tutti. Sta bene a me, che da buona figlia degli anni ‘80 ho avuto la mia Foresta proibita, da bambina. Sta bene ai ragazzi che l’hanno ascoltato ieri, scoprendo quante storie si possono creare usando una lettera sola. Sta bene a chi si è fermato a parlare con lui in questi mesi, superando la diffidenza (non tanto per lui, quanto per la pila di libri che aveva accanto perché si sa, l’unica cosa più noiosa di un venditore è un venditore di libri). L’aperitivo letterario alla Ca’ Foscari somigliava più a una festa che a una bevuta (anche se, per bere, abbiamo bevuto) e siamo stati in giro fino a tardi. Chissà se un Drago riesce a passare per vicoli così stretti, mi sono chiesta a un certo punto. Secondo me sì. Ve l’ho detto: sta bene ovunque.

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