lunedì 9 maggio 2016

Rovigoracconta

Sul treno per Torino.
 Rovigoracconta a me non è andata bene, ma benissimo. Non solo per i draghi piazzati: ho rivisto Emanuele, che non vedevo dalle elementari (era un gigante, ora siamo alti uguali); ho rivisto Marta, che non vedevo dal Liceo o giù di lì; poi sono passati Antonella e Franco, la mia seconda famiglia quando abitavo in via Carducci.
 La mia ex prof di matematica ha preso un libro per la figlia. Sono venuti miei ex compagni della Lendinarese, del Granzette, del Duomo. Erco mi ha scattato delle foto che wow, Berta mi ha portato il pranzo di oggi. Il mio gruppo di amici storici (oh, alcuni dai tempi dell'asilo) mi ha portato un pezzo di pizza al taglio all'ora di cena.
 Molti concittadini sono venuti a conoscermi senza sapere che: Sono di Rovigo. Ma davvero? Cioè, tu sei di Rovigo Rovigo? Abito a inizio del Corso, sì.
Qualcuno mi si è seduto per terra accanto e mi ha detto: Ho appena mollato il lavoro, ancora in pochi lo sanno, non so perché lo rivelo a te. O forse sì.
Ormai pensavo di essermi abituato a questo viaggio, di essere perciò diventato immune a certe cose.
 No, di nuovo sento quella strana alba sorgermi tra petto e gola. Perché dopo giorni tanto belli ti chiedi: E poi, alla fine del progetto, che ne sarà di me?
  (vincerò lo Strega, va be', poi il Nobel, lo so, ma chissà se sarò ancora così tanto coccolato da così tante persone)

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