giovedì 11 agosto 2016

Ieri a Spoleto

Ieri a Spoleto.
 Verso la fine della mia visita turistica incontro due ragazzi, uno ha lo skate; gli chiedo se sono giusto per il Ponte delle Torri e lui sì, di qua, non puoi sbagliare. Buona passeggiata.
 Buona skaterata, rispondo. E lui ridacchia.
 Dopo l'andata e ritorno sul ponte mi dirigo verso il borgo basso e mi posiziono con la macchina da scrivere. Non si fermano in tanti, uno studente di Milano è il primo a prendere un Drago.
 Poi basta.
 Alle 20, quando sto per lasciare la postazione e dirigermi alla stazione dei treni per tornare a Perugia, rivedo il ragazzo con lo skate: mi passa davanti, mi guarda un attimo, scompare; poi torna indietro.
 Ciao, gli faccio, ti ho chiesto indicazioni qualche ora fa.
 Sì, infatti mi pareva. Ma che fai?
 Giro l'Italia con la macchina da scrivere. Domani sono dieci mesi.
 Ah. E quello è il tuo libro?
 Con Filippo chiacchiero un po', non provo a rifilargli il Drago, non lo faccio mai e con lui in particolare, dato che mi ha detto di leggere poco o niente.
 Lui però lo vuole, lo prende. Allora gli spiego che uno degli obiettivi del mio progetto è di (ri)avvicicinare la gente alla narrativa.
 Con me sei riuscito, e ridacchia.
 Alle 20:10 mi accompagna in stazione dei treni e mi chiede come mi è venuta l'idea della trama del libro.
 Mi racconta dei suoi coetanei, del loro bisogno di essere accettati, di ricevere like su Facebook, di sballare all'eccesso.
 Appena il treno arriva, non so perché, gli stringo la mano e mi esce un: Vecchio mio, è stato un piacere.
 Vecchio mio. A un giovane che ha la metà dei miei anni.
 Colpa del Grande Gatsby o merito di questo tipo in gamba?

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