Fa fresco e piove qualche goccia, però Gesù ha preferito restare in
sandali. Forse è la sporcizia a proteggere i suoi piedi dal vento del
nord. Qui a Bruxelles non è agosto, Cesco ha dovuto infilare la mano
nello zaino e recuperare dal fondo il k-way.
In mezzo agli edifici aguzzi, le strade sono deserte e tutto suona
funebre. Hanno appena superato la cattedrale, si intravede un parco.
Nicolò curva a destra e i suoi riccioli ondeggiano mentre si avvicina a
un’edicola, lo attira il reparto dei giornali internazionali.
“Ohi”, alza il braccio sinistro come per intervenire in classe, “date un occhio al titolo sulla Gazza.”
Cesco avanza e legge: Cannavaro all’Inter!
Nicolò abbassa la testa e prende il portafoglio, va dall’edicolante e
indica il quotidiano con le pagine rosa. Due euro, Cesco non ci può
credere: sono circa quattromila lire. Ci si compra mezzo chilo di pizza
al taglio con quella cifra.
“Mercì”, Nicolò prende la Gazzetta dello Sport.
“Che palle”, Jeremy si toglie gli occhiali e asciuga le lenti su un
fazzoletto di stoffa. “Nemmeno in vacanza riuscite a non pensare al
calcio.”
“È un potentissimo strumento di controllo delle masse”, Gesù gli posa il
gomito sulla spalla, “lasciamo che i nostri stupidi amici si facciano
plagiare.”
“Zitti, blasfemi”, Cesco mostra ai due il dito medio e torna sul fatto
del giorno, vuole capire quanto ha sborsato la sua squadra per
Cannavaro.
“Quest’anno vincete voi”, Nicolò scuote la testa, a occhi bassi. “Adesso avete sistemato anche la difesa.”
Cesco sbuffa. “Preferivo Nesta.”
“Ma sei fuori?”, Nicolò lo guarda con le sopracciglia a uncino. “Cannavaro è un trascinatore.”
Hanno già avuto questa discussione: inutile insistere. Cesco è da oltre
due anni che allena e trova conferme alle sue teorie. Anche se il modo
di marcare è cambiato e ormai non si usano più quei nomi, due sono le
categorie di difensore centrale: il libero e lo stopper.
Il libero tende a guardare avanti e osservare l’insieme, coordina il
reparto; è abituato a chiudere i buchi e impostare con la palla tra i
piedi. Lo stopper di solito si focalizza su qualche avversario
specifico, anticipa e rincorre e duella per l’intera partita.
Sono due ruoli complementari. Il libero è un pastore, lo stopper un
cacciatore. Cannavaro ha bisogno di uno come Thuram per offrire il
meglio di sé, non di Cordoba. Non può giocare con lui all’Inter.
Gesù fa strada, entra nel parco e gli altri lo seguono attraverso il cancello spalancato.
“Señor, un dinero.”
Cesco solleva la fronte e vede due ragazze; hanno i capelli tra il
castano e il biondo, gli occhi verdi e il viso da spazzacamino. Stanno
parlando a Gesù, indossano una specie di tunica e sono scalze.
“Por favor.”
“Non sono spagnolo”, Gesù si allontana e affianca Cesco. “Ma tutti da me i mendicanti?”
“Sei Gesù mica per niente.”
“Un moneta, grazie”, una delle due ragazze insiste e si piazza davanti al gruppo. “Un piccolo moneta.”
“Siamo poveri”, Gesù allarga le braccia.
“Lui ha”, la ragazza indica Nicolò.
“Aveva”, dice Cesco. “Ora povero.”
Jeremy sventola l’aria. “Questa qui puzza un sacco.”
“Però è carina”, Gesù sorride. “Le basterebbe una doccia.”
La ragazza sputa per terra a pochi centimetri dall’alluce di Gesù, torna
dall’amica e insieme se ne vanno. Jeremy punzecchia Cesco sul fianco:
“Io ho fame.”
“Andiamo a vedere il Parlamento europeo”, dice Gesù.
“Ventitrè milioni di euro”, dice Nicolò, “manco troppi.”
“Ehi, voi!”
Cesco si gira e vede quattro giovani, seduti sul prato lì accanto. “Dici a noi?”
“Voi italiani, sì.”
“Italiani anche voi?”
“No”, risponde il tipo con in bocca un lecca-lecca. “Solo i miei genitori.”
“Io ho fame”, ripete Jeremy.
“Avete voglia di giocare”, il tipo indica il pallone di cuoio sotto la
suola; la sua scarpa destra è slabbrata sulla punta, sembra parlare.
“Dopo vi dico dove mangiare bene e spendere poco.”
Cesco si gira verso Jeremy. “Mi pare equo.”
Nicolò infila la Gazzetta nello zaino. “Sono pronto.”
Lui gioca in squadra con Cesco e fa lo stopper, ha il numero 5 ed è
insuperabile di testa e impossibile da dribblare; non ha intelligenza
tattica e galoppa dove rotola la palla.
Achille, in arte Gesù, è un regista dal tocco dolce; ha smesso col
calcio a sedici anni per dedicarsi al Centro Sociale Occupato e andare a
letto con una ragazza diversa a settimana.
Geremia adora i computer e la programmazione, sostiene che il futuro sia
nel web: ci saranno persone che non usciranno più di casa perché
troveranno in internet mille mondi da esplorare. A calcio se la cava, o
meglio: coi calci non è malaccio; colpisce sugli stinchi e sulle
caviglie chiunque gli capiti attorno.
“I vostri zaini”, dice il tipo col lecca-lecca, “saranno le porte.”
“Voi di là e noi di qua”, dice Cesco.
“Allora palla nostra.”
“Okay.”
Il ragazzo dalla pelle di Nutella si solleva dall’erba e a momenti
sfiora il cielo. Sarà almeno due metri e si avvicina a Cesco, sorride.
Ha un accenno di baffi e pizzetto ed è rasato, le spalle sul punto di
far esplodere la maglietta.
Colossus si sposta e fa vibrare il suolo, si posiziona nella zona di attacco e con lui se la dovrà vedere Nicolò. Auguri.
Di fronte a Gesù c’è Rosso Malpelo, Jeremy fronteggia una sorta di
persona mignon che continua a parlare in francese e gesticolare in
maniera femminea; nous sommes, volez vous, avec moi.
Colossus fa partire la sfida e la passa a Rosso Malpelo che la gira
subito indietro a Lecca-Lecca. È già chiaro che siano collaudati.
Cesco va a pressare e Lecca-Lecca serve Colossus, Nicolò prova ad
anticiparlo ma gli rimbalza addosso, intanto Mignon si è liberato e si
invola, Colossus gli dà il pallone.
Non è passato un minuto e l’Italia è sotto: 0 a 1.
“Ehi!” grida Cesco. “Sveglia!”
Gesù bestemmia e si riparte. Cesco la passa a Jeremy e Mignon lo
infastidisce, è una zanzara, Nicolò si propone in aiuto ma un passo di
Colossus lo oscura.
“Ohp”, Gesù si propone.
Jeremy lo serve e Rosso Malpelo tira una mezza gomitata a Gesù e sarebbe
fallo, se ci fosse l’arbitro. I belgi recuperano il possesso del
pallone, tocco per Colossus e Nicolò lo contrasta, invano; si inserisce
Mignon e Colossus gli consegna la palla che viene depositata oltre gli
zaini per il raddoppio.
“Raga!” strilla Cesco. “Ma che fate?”
“E tu?” chiede Jeremy. “Te ne stai lì impalato!”
Cesco sbuffa e scuote la testa. Un’umiliazione no, rappresentano il proprio paese e non possono permettersi una figuraccia.
Palla al centro. Cesco per Gesù, che compie un miracolo e infila la
palla tra le gambe di Rosso Malpelo, tunnel e sfila via sulla fascia;
esterno sinistro e interno destro, salta anche Mignon e vede Cesco, lo
illumina, Cesco stoppa e punta Lecca-Lecca, finta il tiro e si apre uno
spazio, vai!
Lecca-Lecca smorza la conclusione con la scarpa parlante: calcio
d’angolo. Batte Jeremy per Cesco, che la dà a Gesù. Rosso Malpelo lo
pesta sul piede nudo e la palla esce.
Lecca-Lecca la rimette in gioco, scodella in avanti per Colossus; Nicolò
gli si appiccica ma non lo sposta di un millimetro, Mignon è in fuga
sulla fascia e Colossus gliela passa e 0 a 3, inevitabile. Aspetta, no,
ha preso il palo, Nicolò recupera la palla e la dà a Gesù, magia di
tacco e tocco per Cesco che stavolta decide di tirare subito. E
Lecca-Lecca si allunga in spaccata e para con la scarpa parlante.
“Non segnerà mai”, dice Jeremy.
Cesco sta per ribattere, ma si trattiene. I compagni sono nervosi e
vanno caricati, non pizzicati. Deve comportarsi come quando allena i
bambini e usare il cervello.
“Occupati tu del gigante.”
“Ma sei matto?” Jeremy stropiccia il viso.
“Stinchi e caviglie, mi raccomando. E tu”, si rivolge a Nicolò, “prenditi cura del nano: è lui che finalizza.”
Cesco batte l’angolo per Gesù, finta e dribbling, la cede a Jeremy che
tira su e la invia contro il ginocchio di Rosso Malpelo, palo,
Lecca-Lecca si sbilancia e Cesco si avventa con la punta mancina; lenta
ma inesorabile la palla rotola in gol e accorcia le distanze.
Si riparte e Colossus si piglia una pedata da Jeremy non appena riceve
il passaggio. Putain, dice, ma comunque riesce a smistare per Mignon,
stavolta affrontato da Nicolò con efficacia. Il Belgio ripiega e si
torna da Lecca-Lecca, Cesco lo pressa, filtrante per Rosso Malpelo che
stoppa male e si fa fregare la palla da Gesù, esterno delizioso su
Nicolò che è scattato in avanti, controlla e punta la porta e all’ultimo
la scarica per Cesco, piatto destro e la palla accarezza lo zaino.
L’Italia ha pareggiato.
“Okay”, Lecca-Lecca si gratta la guancia. “Chi segna vince?”
“Poi si va a mangiare”, precisa Jeremy.
Scorrono i minuti e Colossus incassa mille piccole scarpate sulle
caviglie, Nicolò controlla Mignon e Rosso Malpelo viene troppo spesso
incaricato di manovrare, senza però esserne in grado. Lecca-Lecca ci
prova un paio di volte dalla distanza e Cesco gli smorza i tiri.
Il sole spunta da sotto le nuvole; è di un arancione pallido e sta
scendendo al pianoterra, presto raggiungerà le cantine e lascerà alle
spalle una scia di buio.
“Oh”, si lamenta Jeremy, “io ho fame.”
“Pensa a giocare”, dice Cesco.
“Non è che perdiamo l’ultimo treno per Amsterdam?” Nicolò è preoccupato.
“Pensa a giocare.”
Si accendono i lampioni e l’aria si raffredda ancora di più, Lecca-Lecca
sembra stremato e spesso la butta su a caso e Colossus ormai subisce i
colpi di Jeremy in silenzio, gli scappano giusto dei mugolii, i suoi
calzini bianchi sono sporchi di sangue.
“Pensa a giocare”, ripete Cesco in trance.
Dal cielo le gocce diventano grosse e molte, una nuvola brontola nei
confronti di un’altra, prepotente e massiccia. Un lampo. Comincia di
colpo a scrosciare e Gesù si leva i capelli dalla fronte. È costretto a
urlare per farsi sentire:
“Raga, qui ci laviamo!”
“Pensa a giocare!”
È un diluvio, gli otto scivolano e si rialzano. Putain, dice Mignon.
Putain, dice Colossus. Nonostante la debolezza nei muscoli e il respiro
in affanno, nessuno vuole interrompere la sfida.
Poi succede.
Forse il Canal Grande di Bruxelles, o come cavoletti si chiama, si è
stufato di bere e ha vomitato acqua fuori dagli argini, boh, Cesco si
accorge che si sta avvicinando una mastodontica onda.
A Lecca-Lecca cade il lecca-lecca, Gesù bestemmia. Allons, grida Mignon già in fuga fuori dal parco.
Tutti gli vanno dietro e corrono sopra una pozzanghera infinita e Cesco
si gira un attimo: l’onda li spazzerà via, chissà dove li porterà e non è
così che se l’era immaginata, proprio no, questa prima vacanza con
l’euro.
Lecca-Lecca punta il dito verso un locale e Mignon ci si dirige, va
veloce con quelle gambette, apre la porta e Nicolò entra subito dopo di
lui, lo sta ancora marcando a uomo; entrano Lecca-Lecca e Rosso Malpelo,
Gesù e Cesco, Colossus si piega un po’ per infilarsi dentro e manca
solo Jeremy, si sono scordati di lui, avrà gli occhiali bagnati e sarà
mezzo cieco; Colossus capisce al volo e torna fuori con la testa e
allunga il braccio destro, grida qualcosa, ha la voce del profondo della
Terra; infine silenzio. Colossus chiude la porta del locale e al di là
del vetro un serpentone d’acqua striscia lungo la via.
Jeremy.
Jeremy è fregato. O almeno così dice. Jeremy non è più in grado di
vedere una cippa lippa, senza occhiali. Li ha persi, cinquecentomila
lire nella fogna.
Gli otto si mettono attorno a un tavolo, recuperano fiato; stanno
sgocciolando ovunque. Cesco osserva i quadri alle pareti e riconosce il
surrealismo di Magritte: una pioggia di uomini, due stivali a forma di
piede, un viso di donna che è anche un corpo di donna.
“Io ho fame,” dice Jeremy.
“Qui hanno i migliori cavoletti della città”, dice Lecca-Lecca.
Arriva una cameriera sulla trentina; è bionda e magra, lentiggini
sparpagliate sul viso e sulle braccia. Consegna i menù e storce un po’
le labbra.
“Italiani?”
Nicolò alza la cresta e sorride. “Ouì.”
“Cavoletti?”
“E birra”, dice Lecca-Lecca. “Pour tout le monde!”
martedì 22 giugno 2021
Cavoletti
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